Il fascino nel tradurre – The Tusks of the Translator… in a China Shop, espressione molto ambigua e complessa, vuole segnalare, a un tempo, la perigliosità, e il fascino, esercitati dal testo e dall’azione del tradurre sul traduttore, quando si cimenta con cose di assoluta vaghezza e indeterminatezza, come la descrizione della bellezza (bruttezza) femminile. Il luogo che si va a esplorare è simile a una cristalleria, dove basta un soffio per fare scoppiare o danneggiare dei preziosissimi manufatti. Il compito del traduttore implicito nel titolo è quello di Walter Benjamin (Aufgabe > task), ma è rafforzato nella sua polivalenza dall’elemento ‘tusks’ (le ‘zanne’ dell’elefante). Oggi si direbbe del traduttore che è ‘multi-task’. L’opera, di ampio respiro, si apre come un ventaglio su una varietà di saggi, in modo assolutamente trans-disciplinare e cross-culturale. Trascendendo le insanabili lacerazioni tra discipline e scuole di pensiero, l’autrice mira a ricomporre la questione del tradurre nell’unitarietà metodologica della tematica che la descrizione – o, più esattamente, il ‘testo descrittivo’ – può offrire. Questo tipo di accostamento alla traduzione era già stato individuato con La traduzione è servita, ovvero Food for Thought, ma il fattore-ambiguità qui viene focalizzato in modo più sistematico con la lezione di William Empson (Seven Types of Ambiguities) e della semiologia del testo descrittivo di Philippe Hamon (Du Descriptif). La fonte primaria nella visione comparativistica rimanda costantemente a George Steiner e ad After Babel.Come nella valutazione steineriana di An Exact Mystery, Translation, ancora oggi la traduzione ci pone sempre di fronte a tante domande, molte più domande di quante siano le risposte possibili.
resta aggiornato sulle novità editoriali e sugli eventi Morlacchi
Facebook
Youtube
Instagram