La grammatica è una coperta corta. Ci si può accanire, tirarla da ogni lato, senza alcun risultato: nella sua vulnerabilità, ogni regola apparirà irregolare e ogni norma anormale. Oggi, ancora, si tira con forza questa coperta. Inutilmente. La cultura linguistica del nostro tempo non accoglie il dubbio, se non come eccezione confermante la regola. Ne va della nostra stessa esistenza: il linguaggio ha l’obbligo di essere rassicurante. È la nostra religione. Deve dirci che esistiamo: se esiste un “al di là”, un verbo è e sarà, per sempre. Ma il desiderio di conoscere il linguaggio va oltre ogni dogma linguistico: cerchiamo una grammatica neoumanista che non scalci il significato, né la persona. Sentiamo il bisogno di una lingua che ci accolga. O, meglio, che riconosca il diritto di coniugare le parole e le frasi con la singolarità dei nostri sguardi sul mondo. Questo libro racconta di bambini e ragazzi che scoprono la grammaticalità della loro vita quotidiana.
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