Il vincitore della sesta edizione de “Il Grande Fratello”, quando era bambino (nell’ottobre del 1990), è stato protagonista di un’altra avventura che di televisivo non ha avuto niente. Non c’è una casa con riflettori e telecamere, ma una grotta con solo un filo di luce per leggere i “Topolino” che gli passava un carceriere più buono degli altri.Un bambino da fare a pezzi ricostruisce il rapimento, la prigionia e la liberazione di Augusto De Megni. Un sequestro di persona organizzato e gestito dall’anonima sarda e risolto dalla polizia in competizione con i carabinieri. Semplice, a dirsi. Invece, rileggendo le carte dell’inchiesta e incontrando a distanza di tanti anni alcuni dei protagonisti, l’autore compie un intricato viaggio attraverso la Massoneria, gli apparati dello Stato, gli infiltrati, il mondo di un certo banditismo che, per fortuna, oggi sembra non esserci più. Il libro è un esempio magistrale di come la seria cronaca giornalistica, quando si incontra con la letteratura, diventi una guida utile a leggere più approfonditamente un brano della storia d’Italia.
«Camminano per cinquecento metri, li guida Marcello Mele. Li guida fino a una buca coperta con delle tavole rossicce. Tocca ai NOCS vedere che c’è sotto. Sotto c’è la bocca da fuoco di un mitra spalancata contro il sole e sulle loro facce. C’è anche Augusto De Megni con una canna di pistola piazzata in mezzo agli occhi.»
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