Ascoltando il canto delle sirene pubblicitarie il consumatore non corre rischi tanto seri. È molto probabile che la sua capacità di distinguere tra quello che davvero vuole o non vuole sia in molti casi annullata, ma al massimo rischia di buttare via il suo denaro e di sentirsi frustrato e cambiato dopo acquisti fatti seguendo quelli che egli ritiene siano i suoi impulsi originari. Anche l’olimpo del mondo produttivo, fatto di dei maggiori e minori, è emanazione ed espressione della società, la determina e da essa è determinato, e non desidera la razionalità e la consapevolezza di sé, vale a dire la libertà, degli individui: al contrario, vuole fortemente che restino aperti spazi per “interferire” nelle scelte di consumo e di vita che consentano la conquista e il mantenimento del potere economico e politico.Per il consumatore non è semplice andare contro corrente e, insieme, soddisfare il bisogno di appartenenza alla società e al momento in cui vive, perché questo gli richiede di non evitare l’ascolto delle sirene mediatiche, con tutti i rischi ‘mortali’ che questo comporta. Però può sempre scegliere di proteggersi con le corde della razionalità e di riflettere su quello che ha comunque voluto intelligentemente osservare e ascoltare. Con fatica, cercando di evitare la deriva del pensiero e l’atrofia mentale, ma senza tappi di cera.Alcuni pensano che esista un’intesa tra scienza economica ufficiale e i gruppi forti di interessi economici del capitalismo contemporaneo, che l’istruzione venga impartita soprattutto in funzione del futuro del sistema industriale, che i fini economici vengano spinti con continuità avanti ai fini sociali e culturali. Se ciò è vero, la giustificazione scientifica di un uso in troppi casi aggressivo dello strumento pubblicitario è da leggere come una conferma di tale intesa.
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