Il libro presenta una linea innovativa di intervento psicopedagogico per aiutare i bambini a superare difficoltà nella produzione verbale sia orale, sia scritta, proponendo loro di inventare storie. In questo libro si narra l’esperienza di Matteo, bambino bloccato nell’elaborazione linguistica, diagnosticato come dislessico, e tale poteva apparire analizzando solo i sintomi che la sua produzione verbale e la sua scarsa capacità di scrivere e di leggere presentavano. In un approccio globale alla personalità del piccolo paziente, quale il metodo dell’osservazione diretta e partecipe permette, l’autrice è riuscita a comprendere i nodi di sofferenza di Matteo e il dialogo con lui si è trasformato in un dialogo continuo, verbale e non verbale, dialogo che nella quotidianità di piccoli eventi, permetteva, tra i due, una comunicazione profonda, venata da affettività accogliente e fiduciosa. È in questo clima di reciproca comprensione che Matteo accetta il gioco di costruire storie, partendo da due parole scelte o date, gioco che rinvia alle proposte di Rodari per sviluppare la fantasia. Ma in questo percorso lo scopo dell’azione è diverso, è piuttosto quello di liberare la fantasia di Matteo, liberarlo dalle sue paure e incertezze e permettere cosi il ricostituirsi del Sé proprio sul terreno portatore di sofferenza per il bambino, quello della produzione verbale in ogni sua forma. Questa strada è stata percorsa seguendo due fili conduttori: quello della psicologia dinamica e delle relative teorie del formarsi del Sé e quello del pensiero di J. Bruner, che ha fatto del narrare una funzione universale e costruttiva della mente. Intorno a questi due assi orientativi del lavoro di ricerca e di azione per restituire a Matteo una competenza nel raccontare, nello scrivere e nel leggere, l’autrice ricostruisce, in un quadro di sicuro interesse, i contributi del pensiero psicologico contemporaneo al tema del narrare.
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