1.
Faccio mio il vuoto,
come un vagito.
Faccio mio il silenzio,
come un gemito.
Faccio mia la luce,
come un cieco dalla nascita.
Di certo il dolore – che indica una qualunque sensazione soggettiva di sofferenza provocata da un male fisico o psichico – è un’esperienza direzionata a mostrarci per gradi i “volti” dei nostri stati affettivi. È, a un tempo, un’affezione dell’animo e una via d’accesso alla profondità e alla problematicità dell’anima. Tale sua natura fa sì che sia uno dei temi centrali, quando non proprio il cardine propulsore della letteratura d’ogni tempo e luogo. Lo scrittore, il poeta necessita dell’esperienza del dolore e della sofferenza che ne discende per osservarsi dentro e giungere a un approfondimento di sé, indipendentemente dal colloquio che andrà a instaurare con il lettore.
Non di rado il dolore individuale sfocia in immagine del dolore universale, coinvolgendo oltre agli esseri umani anche la natura. Già nella cultura classica si ritrova il senso di un dolore che non solo investe la condizione stessa dell’uomo ma abita tutte le cose, le quali finiscono per soffrire “umanamente”: «Sono le lacrime delle cose, e le cose mortali toccano la mente», riprendendo la celebre espressione virgiliana.
Ebbene, occorre partire da tali considerazioni se si vuole comprendere appieno la Metafisica del Dolore della poetessa brasiliana, più precisamente gaúcha, ossia, del Rio Grande do Sul, Maria Carpi e, nella fattispecie, le novantaquattro poesie della presente raccolta – pubblicata nel 1990, già in età matura, e che rappresenta il suo primo libro di versi –, la quale fin dal titolo, Nos Gerais da Dor, denota l’influsso di João Guimarães Rosa. È dal grande scrittore mineiro, difatti, che la Poetessa eredita una certa visione globale dell’esistenza connotata di materialismo religioso, di panteismo, ossia, volta a fondere in un’unica realtà l’Uno e il Multiplo, Natura e Religiosità, Dolore e Allegria, Sofferenza e Amore, poiché, secondo la lezione roseana, «è necessario soffrire dopo aver sofferto, e amare, perdutamente amare, dopo aver amato».
«È questo humus – nelle parole di Nelly Novaes Coelho – che feconda la poesia di Maria Carpi, rivelandosi quale espressione autentica dello spirito contemporaneo, nella misura in cui quest’ultimo tenta di riscoprire il corporeo o la materialità come cammino in direzione della scoperta dell’essenza o del principio misterioso della vita».
Dalla Presentazione di Brunello Natale De Cusatis
Maria Carpi, di origini italiane (il padre era di Reggio Emilia), nasce nel 1939 a Guaporé, nello Stato del Rio Grande do Sul – Brasile.
Si rivela poetessa in età matura, a cinquantun anni, con il libro Nos Gerais da Dor […] e che le vale il prestigioso premio “Revelação Poesia/1990” della Associação Paulistas dos Críticos de Arte (APCA).
Il ricorso al verbo “rivelarsi” è voluto, nella convinzione che Maria Carpi sia nata poetessa molto prima del 1990, ossia, che abbia atteso alcuni anni per dare alla luce i versi che sarebbero andati a comporre tanto il libro d’esordio quanto, per lo meno, i due successivi, Desiderium Desideravi e Vidência e Acaso, pubblicati a distanza molto ravvicinata, rispettivamente, nel 1991 e nel 1992.
Nel 1996, […] dà alle stampe Cantares da Semente e quattro anni dopo, nel 2000, A Migalha e a Fome.
Nei successivi sei anni pubblica altre tre raccolte poetiche: A Força de Não Ter Força (2003), A Sombra das Vinhas (2005) e O Herói Desvalido (2006).
È del 2009 il profondo e originalissimo libro Abraão e a Encarnação do Verbo, un’interpretazione poetica di alcuni significativi passi biblici, in cui il filo conduttore, come suggerito dal titolo, è rappresentato dalla figura di Abramo.
Nel 2011, torna alla poesia “pura” con A Chama Azul – libro corredato di venti ”immagini” dell’artista plastico Alfredo Aquino e sapientemente presentato da Armindo Trevisan, poeta, saggista e critico gaúcho – un poema, composto di ventinove poesie, che è una lettura poetica sul «mondo interiore», più che sulla vita, di Santa Giovanna d’Arco.
L’ultima pubblicazione, del 2012, è O Senhor das Matemáticas, titolo metaforico per un libro in prosa poetica sui sogni, «non i sogni che idealizziamo – scrive Ivo Barroso, noto poeta e traduttore –, ma i sogni realmente sognati, con la loro propria nitidezza o il loro proprio offuscamento, sogni con o privi di significato, in una narrazione-confessione quasi psicanalirica».
Come dimostrano i molti premi letterari ricevuti, gli attestati di stima da parte di tanti noti poeti e alcuni studi su di lei pubblicati da critici e scrittori di fama, Maria Carpi è da ritenersi odiernamente tra le più originali “voci” della poesia femminile brasiliana.
Dalla Prefazione di Brunello Natale De Cusatis
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