Il titolo Morlacchiana si ispira alla Scarlattiana di Alfredo Casella, il divertimento per pianoforte e piccola orchestra del 1926 nel quale il compositore ha voluto rileggere in maniera vivace e brillante alcune pagine della tradizione musicale dei secoli passati. Nel nostro caso Morlacchiana sta ad indicare semplicemente una prosecuzione e una “attualizzazione” degli studi dedicati al compositore perugino. Non sappiamo se la nostra Morlacchiana risulterà “vivace e brillante” come la Scarlattiana. Leggera e scherzosa sicuramente sì. Almeno per quanto riguarda le canzoni da tavola che Morlacchi scrisse in maniera quasi estemporanea nel 1812 per allietare il soggiorno a Tharandt, una località di villeggiatura nei pressi di Dresda, prima che le nubi della sconfitta della Grande armata in Russia dissolvessero il sogno napoleonico.
Le vicende degli autografi di Morlacchi sono piuttosto singolari. Negli anni ’70 dell’Ottocento il conte Giovanni Battista Rossi Scotti che li possedeva pensò di promuovere la conoscenza del musicista inviandoli in dono a istituzioni e persone delle quali tenne nota. Sulla base di queste preziose informazioni, abbiamo cercato di compiere il percorso inverso recuperando, per quanto possibile, la riproduzione degli autografi dispersi in moltissimi luoghi in Italia e all’estero, da Dresda a Rio de Janeiro, Kiev, Bruxelles, Londra, Parigi, New York. E se la ricerca delle voluminose partiture d’opera è stata relativamente semplice, più complesso e spesso impossibile è stato rintracciare manoscritti meno ampi donati talvolta a privati di cui si conosce solamente il nome. E così nel catalogo edito da Olschki nel 1987 ha trovato spazio una sezione di musiche non reperite che testimoniano perdite gravi nel caso di unica o teoricamente meno gravi nel caso in cui l’opera ci sia stata tramandata da altre fonti.
Il volume intende far conoscere nuovi autografi di Morlacchi, sia manoscritti di cui si aveva notizia ma che non erano stati localizzati, e sia manoscritti sconosciuti. La prima parte è dedicata agli originali che Rossi Scotti inviò all’editore Guidi di Firenze. La seconda ad altri autografi: una cavatina e un’aria buffa che il conte aveva donato a Città di Castello e a Gubbio rispettivamente; una canzonetta proveniente dalla collezione di Mary Flagler Cary ora alla Pierpont Morgan Library di New York; un’arietta acquistata in antiquariato dalla Biblioteca Augusta di Perugia; e sei canoni alla Biblioteca del Conservatorio “F. Morlacchi” di Perugia.
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