Già all’inizio degli anni ’20 del Novecento, nell’epoca dell’Espressionismo, la poesia di Georg Trakl costituisce un decisivo punto di riferimento lungo il cammino di pensiero di Martin Heidegger. Ciò che determina l’attenzione dell’autore di Sein und Zeit per l’opera del grande poeta austriaco è il costante predominare delle disfatte figure della Verwesung, di una crepuscolare decomposizione che accompagna il tramonto dell’anima nell’azzurro della notte spirituale, in quella dimensione che Trakl indica, secondo il modello poetico di Hölderlin, come il Sacro (das Heilige) e che Heidegger interpreta come la differenza ontologica di essere-presente e di essente-presente. Il luogo del poema di Trakl si configura pertanto, di fronte al vedere e al mostrare fenomenologico che nel tardo Heidegger corrisponde alla svolta nell’evento, come la Parola della Dif-ferenza, come la di-partenza dell’anima che, straniera sulla terra, si pone in cammino, al seguito dello straniero dipartito, verso la regione di una azzurra sacralità che prelude alla riappropriazione, per la vecchia stirpe umana decaduta, della sua autentica, obliata essenza, in quel tempo di povertà che il dolore del distacco dal mondo decomposto redime e consacra nell’oscura eufonia di un settemplice canto della morte, ossia nella poetica celebrazione di un tramonto nella terra-della-sera (Abend-Land) che è preludio, sulla scorta dello Zarathustra di Nietzsche, all’aurora di un nuovo mattino che tiene in serbo l’avvento di Elis, del fanciullo non-nato.
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