È abbastanza comune la constatazione dell’efficacia persuasiva della televisione. Eppure è proprio l’accertata incidenza del messaggio televisivo che, mettendo quotidianamente in discussione la tradizionale forza coercitiva del diritto, sollecita ed ha sollecitato la produzione di un tessuto di regole giuridiche in difesa del primato del diritto. Si comprende facilmente, pertanto, come, nella trattazione giuridica della comunicazione radiotelevisiva, venga evidenziato il tema dell’informazione nell’intento di prospettarne una regolazione che possa risultare difensiva dei principi di libertà, non solo perché affermati dalla Costituzione, ma perché considerati essenziali alla nostra convivenza. Consapevoli delle minacce per la libertà che dall’informazione televisiva possono derivare, i giuristi hanno prevalentemente rivolto la propria attenzione ai messaggi informativi ed agli aspetti informativi della produzione televisiva. Questa tendenziale “reductio ad unum” delle problematiche della comunicazione televisiva sembra tuttavia trascurare la presenza di una molteplicità di messaggi televisivi non informativi ma genericamente culturali, ludici, di intrattenimento. In ogni caso, la selezione, il filtro costituirebbero elementi intrinseci della comunicazione. In assenza di essi il flusso eccessivo delle informazioni potrebbe impedire la comunicazione stessa. Ne parrebbe derivare la necessità di una funzione ordinatrice e regolatrice delle informazioni che ogni governo sarebbe chiamato a svolgere per assicurare il flusso della comunicazione stessa.Tutti questi sono argomenti che richiamano la problematica della ragion di Stato. La ricorrente evocazione, quale terrificante scenario di anarchia, della moltitudine dissociata dei ciclopi, “confusa turba”, secondo Euripide, dove tutti parlavano e nessuno ascoltava nessuno, sembra efficacemente contrapporre agli effetti della incapacità di comunicare della “turba”, il necessario controllo della comunicazione da parte della “civitas”.Opportunamente Simone Budelli ha potuto rilevare l’assenza di ogni riferimento alle trasmissioni radio-televisive nell’art. 21 della Costituzione e mettere in luce la conseguente fragilità delle costruzioni della giuri-sprudenza costituzionale, ed efficacemente Armando Lamberti ha potuto motivare l’omissione da parte dei costituenti di ogni riferimento allo strumento radiotelevisivo dall’esigenza di assicurare tacitamente all’ancora incerta maggioranza di governo quel “presidio indispensabile per rafforzare nel tempo la propria posizione di potere” costituito dal monopolio statale delle trasmissioni radiofoniche istituito in epoca fascista. Le scelte ondivaghe della giurisprudenza costituzionale, sottolinea Budelli, hanno largamente condizionato la legislazione sulla televisione che tuttavia è risultata anche decisamente influenzata dalla dottrina gius-pubblicistica fortemente recettiva del diritto internazionale ed europeo, secondo quanto rileva Lamberti, che perviene a costruire con convincenti argomentazioni un diritto inviolabile all’informazione. Di fronte al sempre più vistoso deperimento di regole, di principi, e di valori espressi dalla Costituzione vigente si sottolinea costantemente la necessità di costruzioni giuridiche coraggiose e coerenti. Le riflessioni contenute in questo volume potranno efficacemente contribuire ad avvicinare la problematica costituzionale italiana della trasmissione televisiva al dibattito europeo sull’informazione. Questo pervasivo impegno teorico non ha però impedito una lucida ed attenta esposizione delle tortuose vicende della legislazione italiana sull’argomento.(dalla «Prefazione» di Raffaele Chiarelli)
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